La mostra prende le mosse dall’analisi della propaganda che, già all’inizio del Ventennio fascista, tese a sviluppare un pregiudizio antiebraico che sfociò poi in avversione, ostilità strisciante e poi manifesta, fino a culminare nell’antisemitismo e nella discriminazione razziale. Quest’ultima giunse a farsi legge dello Stato e la popolazione ebrea, identificata come comune capro espiatorio, su svilita, isolata e perseguitata. Gli ebrei, allontanati da tutti i settori della società, furono colpiti da una serie di divieti non solo umilianti, ma anche limitanti dal punto di vista giuridico: attraverso l’enumerazione di ciò che non potevano fare veniva sancita la separazione da tutti gli altri uomini.